Teatro

LONDRA, Kat'a Kabanova

LONDRA, Kat'a Kabanova

Londra, Royal Opera House Covent Garden, “Kat’a Kabanova “ di Leoš Janáček IMPOSSIBILE FARFALLA Proprio il giovane Charles Mackerras diresse nel 1951 la prima esecuzione in Inghilterra della Kat’a Kabanova ed ora l’ottuagenario direttore è tornato a dirigerla al Covent Garden in un allestimento del 1994 con regia di Trevor Nunn (ripresa da Andrew Sinclair). Mackerras ha consacrato buona parte della sua attività allo studio e alla divulgazione della musica di Janáček e alla sua sensibilità va il merito di aver contribuito a imporre e a far entrare nel repertorio il compositore oltre il territorio ceco. Ed è stata proprio la direzione musicale, elegiaca e appassionata, approfondita ed analitica, ancora fresca e vitale, il punto di forza della rappresentazione. La scena di Maria Björnson è vuota e fin troppo grigia, un paesaggio pietrificato in cui l’intreccio di strade disegna con pennellate incisive una spirale, vortice metaforico ed espressionista, in una citazione evidente della pittura di Munch e della sua condizione esistenziale di disperazione e malinconia. Un mondo immutabile e opprimente che avvolge di solitudine i personaggi, condannati fin dall’inizio alla sconfitta e all’impossibilità. In questa interpretazione registica anche la natura viene negata e a livello visivo non trovano spazio neppure quegli elementi vitali e di “apertura” come l’acqua e il fiume, così presenti nella partitura. L’intreccio dei sentieri, oltre a suggerire la spirale di morte in cui cadrà Kat’a, risulta funzionale all’apparire e scomparire delle figure, in particolare le giovani e quasi evanescenti Kat’a e Varvara, figure di nordica grazia , che si stagliano con i loro vestiti azzurrini nel tetro paesaggio, per poi dissolversi in modo naturale e credibile. Evocano personaggi di Ibsen le tre donne della famiglia Kabanov, quando, una accanto all’altra, ricamano un grande velo di tulle sceso dall’alto che le avvolge come in un bozzolo in una stasi domestica di tranquillità apparente, ma in seguito agli ingiusti rimproveri della vecchia, il velo da collante- legame diverrà catena, il filo del destino sventurato di Kat’a tessuto dalle norne familiari. E a conferma della catastrofe, la casupola di legno con le icone raffiguranti i dannati dell’inferno, inizialmente rifugio al temporale, dopo la confessione di Kat’a crollerà a terra come nel gioco dello shanghai. Janice Watson, con un’interpretazione molto sentita, ha sottolineato la dolcezza, la timidezza e la fragilità di Kat’a, creando una figura tragica e bipolare, sospesa fra sogno e rassegnazione, le cui aspirazioni e desideri (il” volo”, l’amore) vengono frustrate da norme sociali ingiuste ma inoppugnabili. La voce lirica dal timbro chiaro risalta nelle parti liriche, nei pianissimi, nelle mezze voci, ma risulta espressiva anche nei momenti più drammatici, restituendo tutto lo strazio interiore senza inutili manierismi. Kurt Streit, con bel timbro e indubbia musicalità, crea un Boris ricco di sfumature e ambiguità. Buona sia da un punto di vista scenico che vocale la coppia dei giovani innamorati: Kudrjas, interpretato da Toby Spence, e Varvara, interpretata da Linda Tuvǻs, dalla voce leggera ma comunque adatta a dipingere la ragazza frivola e spensierata. Interpretazione degna di nota per Felicity Palmer nel ruolo della vecchia Kabanicha. La voce presenta qualche asperità ma è straordinaria nel creare con realismo e crudeltà la figura della suocera tirannica, gelida e ipocrita, dal sadismo asfissiante. Chris Merritt è efficace nella parte di Tichon, uomo debole e vile, eternamente succube della madre. Ben eseguiti anche i ruoli minori, in particolare Oleg Bryjak nella parte dello sgradevole Dikoj e Miranda Westcott, la serva Glasa. Mackerras fa scaturire tutta la ricchezza emotiva della partitura con sentita partecipazione e disincantata lucidità. Aperture di ampio respiro melodico si contrappongono a rapide battute d’arresto per tradurre il drammatico scontro fra realtà e sogno e al lirismo quasi sospeso della prima parte segue, incalzante, l’inesorabile dramma. La musica suggerisce già dalle prime battute slava dolcezza mista a tensione, l’orchestra offre una grande varietà di colori, sfumature e intensità: i violoncelli morbidissimi e struggenti restituiscono il languore di un sospiro, nel pulsare dei timpani, forti e controllati, si avverte la tragedia del destino di Kat’a e la catastrof, nel pianto dei violini risuona l’ultimo addio a Boris. Mackerras asseconda il fraseggio dei cantanti con un ‘orchestra in stato di grazia che, nonostante le forti sonorità, non copre i cantanti ma li sostiene. La musica riflette i moti dell’animo, come i fiati solisti che con grande tenerezza anticipano il batter d’ali di Kat’a, quando, in un momento di felice abbandono, evoca il volo di un uccello con gesti estatici e quasi inconsapevoli, mostrandosi in tutta la sua fragilità, un uccello che non può volare, una timida farfalla, in una scena così intensa e commovente da rimanere impressa nella memoria. Visto a Londra, Royal Opera House Covent Garden, alla prova generale del 16 giugno 2007 Ilaria Bellini